Il Cristianesimo fino al 1648
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Continuità e rottura nel Cristianesimo
prima della Pace di Westfalia
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I 250 anni che passano dall’inizio
del 1400 fino al 1648 sono di particolare importanza, come del resto tutto ciò
che in quei due secoli e mezzo coinvolse l’Europa. La Pace di Westfalia (1648)
segna la fine delle guerre di religione e inaugura una stagione nuova con nuovi
orizzonti.
Abbiamo qui una conferma di come la
Storia proceda a spirale, non è il cerchio dei Greci e neppure la linea della
scienza moderna. L’intreccio tra passato, presente e futuro è forte, come
sempre accade. E’ una rete di rete, che possiamo analizzare a partire da una
qualsiasi delle sue parti. Oggi va di moda avere una visione meno eurocentrica
e così anche il Professore di mia figlia ha cominciato l’ultimo anno parlando
di Medio Oriente, Cina, India, Giappone. Credo che sia importante estendere il
nostro sguardo fino alle reti rappresentate da quei territori e da quei popoli:
il punto di vista, ovvero la rete da cui partire però deve essere la nostra,
quella in cui siamo immersi e di cui siamo le propaggini. Lo riconosce anche la
scienza della complessità, quando riconduce nell’osservazione del fenomeno il “ruolo
dell’osservatore”: senza questo ruolo oggi non può esserci scienza, tanto
meno scienza storica. Il punto di vista europeo, ovvero a partire dall’Europa,
è un punto di vista privilegiato e permette di illuminare anche le regioni più
lontane: non perché sia migliore, ma perché è il nostro, ci esprime e noi lo
esprimiamo.
Parlerò così del Cristianesimo perché
ebbe un ruolo decisivo nella storia europea di quei secoli e di conseguenza
anche nella Storia degli altri continenti: rete di rete.
Troppo spesso, anche a scuola e non
solo su Facebook, si parla in modo negativo del Cristianesimo e della Chiesa e
già questo approccio lo trovo non corretto, perché parte da un punto di vista
ideologico e moralista e anche, lo vedremo, anacronistico.
Sgombriamo il campo da ogni equivoco,
nella speranza che qualche hater o qualche lover possa essere
spinto a una riflessione più puntuale. La Chiesa cristiana ha combattuto con le
armi le eresie, ha stimolato le Crociate, ha rafforzato l’attività
dell’Inquisizione, ha arrestato, torturato e anche condannato a morte qualche
(Decina? Centinaia? Migliaia?) di chi non la pensava in modo ortodosso e, dopo
la Riforma, ci si è messo anche il Fronte Protestante. Non c’è un solo
episodio, ma molti episodi. Di recente, con la decisione dell’UE di uniformare
nella condanna nazismo e comunismo ho letto anche interventi di chi, nel
lodevole impegno di bilanciamento, tira in ballo i morti provocati dal
Cristianesimo. Non è questa la mia strada.
Cominciamo con la Pace di Westfalia:
essa è considerata come l’atto di nascita dell’Europa Moderna soprattutto perché
segna la fine delle guerre di religione: certo le guerre cambieranno forma e
diventeranno guerre tra nazioni, ma non è questo che ci interessa.
Ebbene in Europa si è disinnescato
questo potente esplosivo quasi 400 anni fa, mentre in altre parti del mondo ciò
non è successo: proprio in queste settimane assistiamo nella penisola arabica a
un conflitto che coinvolge le due principali confessioni della fede islamica,
quella shiita e quella sunnita. E’ vero che sono presenti anche altri aspetti,
come l’egemonia nel Medio Oriente, ma il discrimine passa tra la componente
shiita che ha nell’Iran il suo baluardo e quella sunnita guidata dall’Arabia
Saudita. Rivalità che ritroviamo anche in Libano e in Irak.
Perché questa differenza? E qui
veniamo al punto.
Già nel precedente articolo avevo
messo in evidenza come il Cristianesimo da un lato parlasse di Ierocrazia, ma
dall’altro proponesse la separazione di politica e religione. Non è una
caratteristica solo medievale, essa appartiene al Cristianesimo, che qui mi interessa
non tanto come fenomeno religioso, ma come fenomeno sociale. Già dai primi
secoli il Cristianesimo si caratterizzò per una ampia e continua discussione: i
Concili furono numerosi e impegnarono tantissimi religiosi. Si litigava, si
creavano fratture, ci si guardava anche in cagnesco e talvolta anche succedeva
di eccedere, eppure si discuteva e i contestatori animavano il dibattito
obbligando i concorrenti a maggiore rigore e maggiore precisione. Si cercava
l’ortodossia e ogni tanto ci si fermava, riconoscendo ad esempio il carattere
della Trinità o la presenza in Gesù della natura sia divina sia umana. Ma poi
si ripartiva.
Esiste la Chiesa che esercitava un
potere anche grazie alla sua autorità morale: essa era rappresentata dal Papa,
dai Vescovi, dai prelati e l’ubbidienza era un valore fondante. Come in tutte
le organizzazioni e istituzioni, non solo allora. Poi c’erano i fedeli, spesso
analfabeti e comunque con orizzonti limitati. Ma queste strutture, già
eterogenee di per sé, non impedivano che singoli intellettuali e gruppi di
religiosi manifestassero in teoria e nella pratica aspetti religiosi
particolari ed eccezionali (nel senso di eccezione). Sant’Agostino (IV-V sec.)
scrisse molto evidenziando aspetti che portarono poi San Tommaso XIII sec.) a
divergere da lui: entrambi comunque cercarono di cristianizzare il pensiero
classico, il primo rifacendosi a Platone e il secondo ad Aristotele. L’ordine
dei Benedettini, come abbiamo visto, svolse un ruolo importante di riferimento
negli anni bui successivi alla così detta “Caduta dell’Impero Romano
d’Occidente”. Poi vennero i Francescani, i Valdesi e altri movimenti che furono
chiamati pauperistici perché predicavano la povertà. I Francescani successivamente
si divisero in conventuali e spirituali e solo dopo molti anni la Regola di San
Francesco ebbe un riconoscimento ufficiale.
Perché meravigliarsi e addirittura indignarsi
se la Chiesa contrastò in tutte le maniere i movimenti che si opponevano
radicalmente a quella che era l’ortodossia sulla quale si ritrovavano
praticamente tutti i fedeli? Quale gruppo o istituzione permetterebbe che al
proprio interno si diffondessero elementi di confusione e distruzione? Anche
oggi è così, ma grazie alla liberaldemocrazia non c’è bisogno di ricorrere a
misure estreme: come si diceva, è meglio contare le teste piuttosto che
tagliarle. Ma la liberaldemocrazia non nasce immediatamente e ha bisogno di
tempi lunghi di gestazione: il Cristianesimo vi contribuì con l’enorme e
continuo dibattito che lo vide protagonista.
Le Università nascono nell’XI secolo
grazie a iniziative di religiosi e si svilupperanno nei secoli successivi,
diventando centri di approfondimento e diffusione delle conoscenze. Anche Chiese,
Conventi, Cattedrali furono luoghi che si affiancheranno alle Università. Non
ci si limita a ripetere Bibbia e Vangelo, ma si approfondiscono tutti gli
argomenti che interessano la società umana, come temi religiosi ma non solo:
famose le scuole mediche e quelle di diritto. Certo il riferimento di fondo rimaneva
l’interpretazione cristiana della storia e della vita, ma ciò non era qualcosa
di univoco, perché si apriva in molte direzioni arricchendo il dibattito e la
cultura della società europea.
Oltre alle Università la ricerca dei
testi antichi (con Petrarca protagonista), la riproduzione degli amanuensi e il
loro studio permettevano di allargare la propria mente e i propri orizzonti:
non si condannavano quei testi perché scritti da autori pagani, ma si era
convinti che essi nascondessero verità utili a tutta l’umanità. Così Dante può
farsi accompagnare dal pagano Virgilio fino alle porte del Paradiso.
Come tutti gli organismi vivi (questo
ci insegna oggi la biologia) anche il Cristianesimo è chiuso e allo stesso
tempo aperto ed è proprio la sua chiusura che apre alle possibilità e dunque
alla novità.
Ma perché questo fu possibile in
Europa, mentre lo stesso fenomeno non si verificò in altri continenti
relativamente ad altre religioni?
Perché Gesù è Dio ma anche uomo, per
cui è il lato umano e dunque sociale: così tutta l’esistenza umana non è
rinchiusa nell’esperienza religiosa e nei testi sacri. Si può lavorare perché
l’uomo viva in terra in modo degno e positivo senza aspettare il premio del
Paradiso: questo era già in Dante e si animerà sempre di più fino alla
riflessione religiosa del ‘900 passando per lo stesso Manzoni che proporrà
questa possibilità ne I promessi sposi. E’ il concetto di persona che si
dipana dalle origini e attraversa i secoli fino a giungere al “faber
fortunae suae” dell’Umanesimo: un’espressione di origine classica ma che
viene reinterpretata in chiave cristiana. E qui si apre un altro capitolo. Come
le Università sono il frutto della ricerca cristiana così gli umanisti non si
tirano indietro nella ricerca della verità, perché come esiste una verità
religiosa esiste anche una verità relativa alla vita che riguarda l’uomo nella
sua esistenza terrena.
Prendiamo come figura esemplare
Lorenzo Valla che crebbe e visse in ambiente ecclesiastico e resta famoso (e solo
in tal senso se ne parla a scuola) per aver dimostrata come falsa la così detta
Donazione di Costantino che giustificava il potere temporale della
Chiesa. Se ne parla sempre, o quasi, con l’intento di denigrare la Chiesa nella
semplicistica contrapposizione “Parla bene ma razzola male”. Eppure
Valla fu un grande intellettuale che seppe recuperare in chiave cristiana
persino l’etica epicurea. Ebbe dei contrasti con la Chiesa, ma i suoi libri non
furono bruciati.
Altri umanisti non solo erano di fede
cristiana, ma erano loro stessi dei religiosi o lavoravano direttamente per il
Papa. Poggio Bracciolini e Leonardo Bruni operarono nella Cancelleria Papale, come
pure Leon Battista Alberti che era anche ecclesiastico, priore fu il Poliziano,
Niccolò Cusano fu Cardinale, Enea Silvio Piccolomini Vescovo e poi Papa,
Bernardino da Siena e Savonarola furono predicatori conventuali, Erasmo da
Rotterdam era un monaco agostiniano, tanto per fare dei nomi.
L’invenzione della stampa si
intrecciò in modo ricorsivo con una valorizzazione dell’uomo che l’Umanesimo
sviluppa, ma che viene dal MedioEvo come abbiamo visto nel capitolo precedente.
La xilografia risale al mondo cinese precedente all’anno 1000, ma il carattere
rivoluzionario fu dato dall’uso della stampa a caratteri mobili: è grazie alla
sua introduzione nella stampa ad opera del tedesco Gutenberg che la ricerca
culturale in Europa fa un incomparabile salto in avanti, perché non si era
fermata nonostante la fatica a copiare manoscritti. Sempre più ampie fasce di
popolazione apriranno le loro menti e arricchiranno il proprio patrimonio
culturale rappresentando una risorsa per l’intera società.
Concili, Studi, Università, Libri: il
sapere circola e si confrontano le idee, talvolta queste servono alle varie
istituzioni per giustificare il potere acquisito, ma il più delle volte esse
corrodono il sapere acquisito e lo fanno come la famosa goccia sulla pietra. Le
nuove idee non sono mai un salto nel buio, ma al contrario riprendono e
sviluppano (molto o poco) idee precedenti. Poche società avevano visto un così
ampio spettro di idee, studi, riflessioni che, nel circolare, depositano sempre
qualcosa. Chiamiamolo “dibattito culturale”, esso ricorda le dispute greche o
latine e a quelle si ispira, rendendole un obbligo e una necessità. Certamente
anche il conflitto di idee, come ogni conflitto, non è qualcosa di innocuo:
esso può portare a mettere in discussione posizioni di potere, il prestigio
riconosciuto, fortune maturate negli anni. Come ogni conflitto è espressione di
differenti volontà di potenza che si confrontano pacificamente e si accettano
solo entro determinati limiti, superati i quali può accadere che ciò che era
stato pacifico fino a quel momento cessa di esserlo. Nonostante questo il
fenomeno non solo non si fermerà, ma continuerà ramificandosi.
Come molti osservatori
tradizionalisti facevano notare, la molteplicità di idee ed opinioni può
rappresentare un rischio per l’organismo, in questo caso particolare
l’organismo-Cristianesimo. Il pensiero unico persiano, cinese, arabo, turco
garantisce l’unità degli Imperi, ma le società cristiane accettano la sfida e
così già i Concili del primo millennio avevano fatto nascere ramificazioni
esterne a quella che fu definita l’ortodossia cattolica.
Pneutomatomachi, nestoriani,
monofisiti, monoteliti, iconoclasti furono correnti che minarono l’unità del
cristianesimo, ma gli permisero di rafforzarsi in termini sia organizzativi sia
teorici. Alcuni di questi movimenti col tempo rientrarono nella Chiesa, come
anche gli Scismatici d’Occidente, mentre altri dettero vita a strutture che si
consolidarono nel tempo e che esistono ancora oggi, come la Chiesa Cristiana
d’Oriente, i cui membri sono comunemente conosciuti come “Ortodossi” e
rappresentano le comunità dell’Europa Orientale.
La più grande spaccatura avverrà però
nel secolo successivo, il XVI, a partire dalle tesi di Lutero. Per secoli il
pensiero non solo occidentale ha fatto dell’unità del sapere un valore, dove
verità fa rima con identità, per cui una tesi per essere vera deve essere non
contraddittoria (logica di Aristotele) e dunque non possono esistere due saperi
altrettanto veri. Si tratta di logica semplice e appartiene all’uomo nella sua
primitiva formazione, cioè nella sua semplicità. Perché meravigliarsi dunque di
divisioni, separazioni, conflitti? Molti pensano che la spiritualità religiosa
debba rifuggire dalle caratteristiche della materialità dell’essere umano,
leggi volontà di potenza, ma è da questa che tutto parte. Semmai c’è da
meravigliarsi come nel Cristianesimo siano potute convivere tesi contrastanti e
che veri e propri conflitti (armi e sangue) si siano concentrati nei confronti
di eretici dichiarati come i Catari o di religioni molto aggressive come
l’Islam. Ma “chi è senza peccato scagli la prima pietra” e così si recuperò
dopo l’affermazione di Lutero, soprattutto in Germania: guerra dei contadini,
guerra dei cavalieri, guerra dei Principi. Non solo ma anche nuove confessioni,
come il calvinismo a Ginevra, seppero farsi valere. Dunque come fu possibile,
in un quadro di presupposto unitario, che convivessero per 1400 anni posizioni
anche molto differenti?
Una risposta che trovo soddisfacente
è quella di Papa Benedetto XVI nel suo discorso di Ratisbona (il 12.9.2006: Fede,
Ragione e Università) sull’Islam e il Cristianesimo: egli sostenne che c’è un
aspetto fondamentale che distingue le due religioni, e forse rende impossibile
un dialogo, il Logos, la Ragione, che il Cristianesimo ha ereditato dal mondo
classico. Il Logos è caratteristica umana e il Cristianesimo riconosce un
valore inestimabile anche all’uomo in quanto tale, mentre per l’Islam esiste
solo Allah.
Non è casuale ad esempio che la
grossa frattura nel mondo mussulmano tra sunniti e shiiti avvenne non solo per
motivi di potere, ma soprattutto pochi anni dopo la morte di Maometto: non ci
fu spazio per una discussione-riflessione guidata dal Logos, come di fatto tale
limite rimane ancora oggi a più di 1000 anni di distanza.
Un libro di storia che nel suo
insieme considero accettabile inizia il capitolo sulla Riforma con un paragrafo
intitolato “I mali della Chiesa”. Con questo titolo tutto l’argomento
risulta compromesso sia perché riduce un problema complesso alla sfera morale
sia perché fa credere che l’Europa cristiana fosse disperata e critica tutta nei
confronti della Chiesa di Roma. Non era così ovviamente. Critici, anche duri e
decisi, erano molti, soprattutto a livello intellettuale, ma questo rifiuto di
Roma coinvolgeva solo una parte del mondo cristiano e non riguardava, se non
parzialmente, il popolo. Non fu il cuoco di Lutero a causare la più grossa
spaccatura del Cristianesimo né il suo Giardiniere: entrambi, cuoco e
giardiniere, dovettero subire le conseguenze delle scelte di Lutero. Molti si
indignano per i conflitti (armi e sangue) che devastarono l’Europa per motivi
religiosi, ma -ripeto- la meraviglia dovrebbe riguardare il fatto che essi
scomparvero in poco più di un secolo. Il Cristianesimo aveva abituato i suoi
fedeli a discutere, a dialogare, a confrontarsi e, ovviamente, ad affrontarsi,
e questo metodo, quando viene applicato e consolidato, tende ad affermarsi come
qualcosa di preferibile. E’ vero che l’Inquisizione era lì a controllare,
accusare, condannare, ma il mondo cristiano non era riducibile
all’Inquisizione: molti accusati trovarono protezione presso Principi (come
successe anche a Lutero), presso Cardinali e talvolta anche presso il Papa
stesso. L’immagine di una Chiesa cattiva (I mali della Chiesa) è semplicistica
e dunque facile preda delle ideologie che nel semplicismo sguazzano o vanno a
nozze: la modernità non è contro il Cristianesimo e anzi ne è il frutto.
Modernità e Cristianesimo sono strettamente connessi ed è da qui che dobbiamo
partire: condannare la modernità porta nei dintorni della sharia cristiana,
condannare il Cristianesimo ci priva delle nostre radici e senza radici non si
cresce.
Ma torniamo a Lutero.
La vendita delle indulgenze non
piaceva molto sia per motivi economici in un contesto in cui Paradiso e
Purgatorio erano tanto reali quanto l’orto di casa sia perché per alcuni anima
e soldi non dovevano confondersi. A questo proposito va detto che dentro la
Chiesa non era la prima volta che si voleva condannare il vile denaro: pensiamo
a Francesco d’Assisi, ai movimenti pauperistici del XII- XIII secolo, a Girolamo
Savonarola. Per evitare ogni forma di anacronismo che disprezza quei primitivi
che credevano al ruolo delle indulgenze occorre ricordare quanti oggi pagano
per parlare con i morti o farsi favorire nel lavoro o nell’amore.
C’entravano le indulgenze, ma come
occasione e pretesto. Il virus (malefico o rigeneratore a seconda dei punti di
vista) veniva da lontano e non da qualcuno privo di importanza e
riconoscimento, ma da un signore del pensiero e della fede cristiana:
Sant’Agostino. Mille anni dopo di lui Petrarca aveva ripreso parti significative
della sua riflessione rendendole più facilmente comprensibili. Lutero era un
monaco agostiniano e non a caso. Certo Agostino non scrisse ciò che Lutero
avrebbe scritto, ma Lutero si mosse partendo dalle profondità e dalla
complessità del pensiero di Agostino, che non era certo un eretico.
Il senso del peccato aveva portato
Agostino a scavare negli abissi della propria anima e, forse anche ricordando
la vita dissipata della sua gioventù, trovò come ancora di salvataggio la sola
Fede. Lutero partì da questo presupposto per mettere in evidenza come la Fede
fosse un problema tra l’individuo e Dio: non c’era bisogno di alcun
intermediario, non c’era bisogno della Chiesa. L’individuo che ha Fede si
confronta con la Bibbia e scava dentro di sé, può chiedere aiuto e consigli a
un religioso che però è più un amico che un sacer-dote (dotato del sacro). Da
cosa nasce cosa: le Tesi erano la forma con cui ormai non si poteva più tornare
indietro. Come in tutte le cose della vita umana è probabile che ci fossero
anche interessi più terra terra, propriamente materiali, che si videro ad
esempio nelle rivolte contadine e nell’esproprio dei beni della Chiesa. Corpo e
spirito ancora una volta andavano insieme. Le opere, come le indulgenze, in
questo nuovo contesto apparivano inutili. Come la Chiesa.
Il pensiero e la fede di Agostino non
erano mai stati rimossi dalla Chiesa che aveva accettato che si confrontassero
diverse visioni: non c’era bisogno né di denunce né di secessioni. D’altra
parte il pensiero di Agostino era suggestivo ma abbastanza elitario (un po'
come lo hinayana nel Buddismo) e così con la maggiore complessità determinata
dall’avvento della borghesia si fece strada un pensiero più realistico capace
di coinvolgere nella vita religiosa la Società e addirittura la Natura. Il
pensiero di San Tommaso d’Aquino riuscì a coniugare l’uomo con Dio e la Natura:
partendo da Aristotele egli lo recuperò in chiave cristiana e dette vita ad un
sapere enciclopedico che copriva ogni aspetto del reale.
Il Basso MedioEvo fu tomista con
qualche eccezione.
L’insieme delle relazioni sociali che
si fece più complesso portò ad una crescente attenzione nei confronti
dell’individuo: una volta che ti senti parte di un gruppo devi porti il
problema dell’Io. Umanesimo e Rinascimento avevano dichiarato che l’uomo era
responsabile del proprio destino: l’uomo, in generale. Si trattava di spostare
l’attenzione dell’uomo in generale verso l’uomo in particolare, cioè l’Io. E’
ciò che fece Lutero coprendo un vuoto che il tomismo aveva lasciato aperto. E
inaugurando una stagione che dura tuttora e che difficilmente è risolvibile,
perché l’Io non è risolvibile: con buona pace di Brancusi e De Masi, per i
quali La semplicità è una complessità
risolta. Questo è il
bello della complessità: non solo le relazioni uomo-uomo e uomo-natura e
uomo-Dio sono più complesse, ma anche la coscienza di questa complessità rende
più complessi i nostri orizzonti.
La rottura dell’unità cristiana
proprio nel cuore dell’Europa fu qualcosa di straordinario e come tale fu
sentita dai contemporanei. Tale rottura veniva da lontano e nonostante i
tentativi di molti religiosi di superarla ciò non fu possibile. Si trattava di
due universi che coglievano parti diverse della realtà: entrambi avevano
ragione e da allora avrebbero vissuto separati pur se avevano lo stesso
orizzonte.
La Chiesa di Roma cercò di reagire
sia perché doveva sopravvivere sia perché doveva coprire le lacune che erano
state messe in luce dalla Riforma.
E’ così che nacque quella che nel
secolo successivo fu chiamata Controriforma: oggi i libri di storia parlano
anche dell’esistenza di una Riforma Cattolica come per sdrammatizzare ciò che è
stato diffuso su questo movimento, considerato per secoli qualcosa di nefasto,
e non solo in certi ambienti. Anche nel mondo cattolico la parola Controriforma
ha sempre suscitato non certo un ripudio ma una difficoltà a riconoscersi.
Eppure la Controriforma fu tutt’altro che un’esperienza negativa. Non voglio
negare attitudini oppressive e repressive di cui non solo l’Inquisizione
(sottoposta alla guida della Congregazione del Sant’Uffizio) fu espressione,
d’altra parte capita spesso sia a livello internazionale e sociale sia a
livello personale che quando si è attaccati si tende a difendersi, costruendo
un muro e irrigidendosi. Lo strumento con cui la Chiesa cercò di riorganizzarsi
e rilanciarsi fu il Concilio di Trento (1545-1563).
Esso fu una risposta punto su punto
alla Riforma Protestante: la fede sì, ma anche le opere, la fede sì ma anche la
Chiesa, e per questo sette sacramenti che come tali rendevano decisivo il ruolo
del clero. Ma la Chiesa non si fermò qui. Fu dato impulso alla fondazione di
Ordini che si occupavano di assistenza: tra
gli altri Teatini, Cappuccini, Somaschi, Barnabiti, Orsoline. Carità,
assistenza ai malati compresi gli appestati, agli orfani, istruzione femminile
e tante attività con cui il Cristianesimo recuperava il proprio spirito
ramificandosi nella società.
Un particolare posto fu occupato
dall’ordine dei Gesuiti, caratterizzati da prestigio intellettuale e rigore
morale: rigidi all’interno e flessibili all’esterno, favorirono l’istruzione e
avvicinarono il popolo alla Chiesa, mentre ebbero un ruolo importante nella
diffusione del Cristianesimo negli altri continenti, dove agirono in generale
solo con la predicazione ed essendo tra i primi a combattere la schiavitù.
Emersero figure di grande spessore dentro e fuori dagli Ordini: Francesco
Saverio, Matteo Ricci e in particolare il Cardinale Borromeo la cui personalità
è ben articolata da Manzoni ne I promessi Sposi.
Si procedette a una riorganizzazione
della Chiesa stessa in modo che il clero fosse più preparato con la nascita dei
seminari e fosse sottoposto a un controllo per ridurre fenomeni disdicevoli: fu
sviluppata l’attività di riflessione in modo che il clero fosse riconoscibile
per il suo “spirito ecclesiastico”, un’attitudine che ne legittimava il titolo
di “pastore del gregge”.
Insomma la Chiesa Tridentina inaugura
la Controriforma attraverso processi di chiarezza e consolidamento sia teorici
sia pratici; certamente non rinuncia alla sua storia e il riferimento alla
centralità delle Tesi della Chiesa e al ruolo dell’Inquisizione rimane: la
Chiesa non può essere ciò che non è, non può essere anticlericale, non può
rinunciare a difendere la propria esistenza. L’Inquisizione aveva lavorato nei
secoli precedenti per la paura di soccombere: erano secoli di unità ma anche di
pericolo, se pensiamo che l’Islam attraverso gli Arabi era penetrato nell’Europa
meridionale. Ora rimane il pericolo islamico attraverso i Turchi che arrivano
alle porte di Vienna (1529), ma per fortuna vengono respinti e sconfitti
duramente a Lepanto (1571) e definitivamente ricacciati da Vienna nel 1683.
La divisione del cristianesimo era
una divisione profonda e veniva da lontano e come tutte le divisioni essa si
manifestò in un primo periodo attraverso il conflitto: la Germania fu la
principale protagonista di questo conflitto che vide prolungarsi tra Spagna
cattolica nelle Fiandre e Olanda calvinista nel Nord dei Paesi Bassi. Anche in
Francia si ebbero effetti significativi contro i calvinisti francesi, i famosi
Ugonotti, mentre in Irlanda furono soprattutto i cattolici a subire la violenza
anglicana.
Non si tratta di giustificare le
guerre tra cattolici e protestanti, ma di capire come esse furono la
conseguenza di flussi storici non prevedibili e allo stesso tempo necessari.
Non era possibile procedere a una mediazione perché le tesi luterane e calviniste
negavano la Chiesa stessa: legittime le loro aspirazioni in una ricerca più
interiore e legittimo il richiamo alle radici e alla storia dei cattolici.
D’altra parte in quei secoli il ruolo
della religione era insostituibile, e non solo in Europa, e il Cristianesimo
era seriamente minacciato dall’aggressività islamica che, come abbiamo visto,
fu fermata in tempo. La storia dell’espansione europea in Oriente, in Africa e
in America si caratterizzò per un intreccio tra diversi aspetti e quello
religioso non fu il principale ma ebbe comunque un ruolo di rilievo. Ci sono
aspetti di quei secoli che non vanno dimenticati, ma non vanno neppure
esagerati. Mi riferisco alle condanne di intellettuali come Campanella, Bruno,
Galileo che ritornano spesso negli pseudo dibattiti sulla rete come simbolo
della malvagità cristiana. Mi riferisco anche alla così detta caccia alle streghe che si concentrò tra il 1550 e il
1650 e colpì migliaia di persone soprattutto in Germania per poi esaurirsi di
fatto dopo il 1650: essa vide protagonisti sia cattolici sia
protestanti, con un maggior ruolo svolto da questi ultimi.
Anche in questo caso con l’avvento di
società moderne a partire dall’Inghilterra e le sue due rivoluzioni di fine
XVII secolo il fenomeno andò scomparendo, mentre rimane tutt’oggi in Africa, in
Nuova Guinea, mentre una legislazione ufficiale contro la
stregoneria persiste in Arabia Saudita e Camerun.
L’antropologia culturale ha spiegato in
maniera approfondita l’origine di tale fenomeno, che ha trovato la possibilità
di essere superato solo grazie agli effetti culturali e pratici delle liberaldemocrazie.
Spesso ci si indigna contro fenomeni di tortura largamente in uso in ogni
epoca, dimenticando che il primo celebre libro ragionato di condanna fu
pubblicato solo un secolo dopo la Pace di Westfalia nel 1764, Dei delitti e
delle pene di C. Beccaria. Se da un punto di vista morale l’indignazione
fortifica il sentimento di rifiuto e consolida un’attitudine positiva, da un
punto di vista storico l’indignazione e basta impedisce una corretta analisi
dei flussi. La caccia alle streghe di quel secolo mirava a colpire e rassicurare
creando l’immagine viva di un complotto tra uomini e il diavolo: servì alle
chiese in un periodo di estrema tensione a scoraggiare eresie e allo stesso
tempo a ridurre fenomeni allucinatori. “La mitologia della strega acquistò
vita autonoma, a prescindere dalle forzature e dagli eccessi di zelo degli
inquisitori cattolici e protestanti. La gente comune, ma anche molti
intellettuali, credevano veramente che le streghe esistessero e-ciò che più
importa- indubitabilmente molte presunte streghe erano profondamente convinte
di possedere poteri diabolici”, (Giardina, Sabbatucci, Vidotto: Profili
storici 1, Manuale per le Superiori, Laterza Ed. pag.419).
Ancora oggi molti sono convinti che studiare
la Storia serva a non ripetere gli errori del passato. Non è così. Studiare la
Storia significa imparare a riconoscere la complessità di uomini e avvenimenti.
Sartre e Pol Pot si conobbero alla Sorbona
negli anni ’50 del secolo scorso; erano feroci antinazisti, intellettuali e il
primo un grandissimo pensatore. Ciò non impedì a Sartre di esaltare la
Rivoluzione Culturale Cinese i cui drammi conoscevamo in diretta (aveva già
sostenuto Stalin) e Pol Pot fece in Cambogia quanto Hitler in Germania e Stalin
in Russia.
Aveva
ragione Machiavelli cercando di individuare delle leggi universali nella
politica, ma aveva ragione anche Guicciardini nell’esaltare l’importanza del “particulare”.
Oggi lo sappiamo. Aut-aut per la scelta ed Et-et perché siamo bene, male e
molto di più.
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