Il Cristianesimo fino al 1648
Continuità e rottura nel Cristianesimo
prima della Pace di Westfalia



I 250 anni che passano dall’inizio del 1400 fino al 1648 sono di particolare importanza, come del resto tutto ciò che in quei due secoli e mezzo coinvolse l’Europa. La Pace di Westfalia (1648) segna la fine delle guerre di religione e inaugura una stagione nuova con nuovi orizzonti.

Abbiamo qui una conferma di come la Storia proceda a spirale, non è il cerchio dei Greci e neppure la linea della scienza moderna. L’intreccio tra passato, presente e futuro è forte, come sempre accade. E’ una rete di rete, che possiamo analizzare a partire da una qualsiasi delle sue parti. Oggi va di moda avere una visione meno eurocentrica e così anche il Professore di mia figlia ha cominciato l’ultimo anno parlando di Medio Oriente, Cina, India, Giappone. Credo che sia importante estendere il nostro sguardo fino alle reti rappresentate da quei territori e da quei popoli: il punto di vista, ovvero la rete da cui partire però deve essere la nostra, quella in cui siamo immersi e di cui siamo le propaggini. Lo riconosce anche la scienza della complessità, quando riconduce nell’osservazione del fenomeno il “ruolo dell’osservatore”: senza questo ruolo oggi non può esserci scienza, tanto meno scienza storica. Il punto di vista europeo, ovvero a partire dall’Europa, è un punto di vista privilegiato e permette di illuminare anche le regioni più lontane: non perché sia migliore, ma perché è il nostro, ci esprime e noi lo esprimiamo.

Parlerò così del Cristianesimo perché ebbe un ruolo decisivo nella storia europea di quei secoli e di conseguenza anche nella Storia degli altri continenti: rete di rete.

Troppo spesso, anche a scuola e non solo su Facebook, si parla in modo negativo del Cristianesimo e della Chiesa e già questo approccio lo trovo non corretto, perché parte da un punto di vista ideologico e moralista e anche, lo vedremo, anacronistico.

Sgombriamo il campo da ogni equivoco, nella speranza che qualche hater o qualche lover possa essere spinto a una riflessione più puntuale. La Chiesa cristiana ha combattuto con le armi le eresie, ha stimolato le Crociate, ha rafforzato l’attività dell’Inquisizione, ha arrestato, torturato e anche condannato a morte qualche (Decina? Centinaia? Migliaia?) di chi non la pensava in modo ortodosso e, dopo la Riforma, ci si è messo anche il Fronte Protestante. Non c’è un solo episodio, ma molti episodi. Di recente, con la decisione dell’UE di uniformare nella condanna nazismo e comunismo ho letto anche interventi di chi, nel lodevole impegno di bilanciamento, tira in ballo i morti provocati dal Cristianesimo. Non è questa la mia strada.

Cominciamo con la Pace di Westfalia: essa è considerata come l’atto di nascita dell’Europa Moderna soprattutto perché segna la fine delle guerre di religione: certo le guerre cambieranno forma e diventeranno guerre tra nazioni, ma non è questo che ci interessa.

Ebbene in Europa si è disinnescato questo potente esplosivo quasi 400 anni fa, mentre in altre parti del mondo ciò non è successo: proprio in queste settimane assistiamo nella penisola arabica a un conflitto che coinvolge le due principali confessioni della fede islamica, quella shiita e quella sunnita. E’ vero che sono presenti anche altri aspetti, come l’egemonia nel Medio Oriente, ma il discrimine passa tra la componente shiita che ha nell’Iran il suo baluardo e quella sunnita guidata dall’Arabia Saudita. Rivalità che ritroviamo anche in Libano e in Irak.

Perché questa differenza? E qui veniamo al punto.

Già nel precedente articolo avevo messo in evidenza come il Cristianesimo da un lato parlasse di Ierocrazia, ma dall’altro proponesse la separazione di politica e religione. Non è una caratteristica solo medievale, essa appartiene al Cristianesimo, che qui mi interessa non tanto come fenomeno religioso, ma come fenomeno sociale. Già dai primi secoli il Cristianesimo si caratterizzò per una ampia e continua discussione: i Concili furono numerosi e impegnarono tantissimi religiosi. Si litigava, si creavano fratture, ci si guardava anche in cagnesco e talvolta anche succedeva di eccedere, eppure si discuteva e i contestatori animavano il dibattito obbligando i concorrenti a maggiore rigore e maggiore precisione. Si cercava l’ortodossia e ogni tanto ci si fermava, riconoscendo ad esempio il carattere della Trinità o la presenza in Gesù della natura sia divina sia umana. Ma poi si ripartiva.

Esiste la Chiesa che esercitava un potere anche grazie alla sua autorità morale: essa era rappresentata dal Papa, dai Vescovi, dai prelati e l’ubbidienza era un valore fondante. Come in tutte le organizzazioni e istituzioni, non solo allora. Poi c’erano i fedeli, spesso analfabeti e comunque con orizzonti limitati. Ma queste strutture, già eterogenee di per sé, non impedivano che singoli intellettuali e gruppi di religiosi manifestassero in teoria e nella pratica aspetti religiosi particolari ed eccezionali (nel senso di eccezione). Sant’Agostino (IV-V sec.) scrisse molto evidenziando aspetti che portarono poi San Tommaso XIII sec.) a divergere da lui: entrambi comunque cercarono di cristianizzare il pensiero classico, il primo rifacendosi a Platone e il secondo ad Aristotele. L’ordine dei Benedettini, come abbiamo visto, svolse un ruolo importante di riferimento negli anni bui successivi alla così detta “Caduta dell’Impero Romano d’Occidente”. Poi vennero i Francescani, i Valdesi e altri movimenti che furono chiamati pauperistici perché predicavano la povertà. I Francescani successivamente si divisero in conventuali e spirituali e solo dopo molti anni la Regola di San Francesco ebbe un riconoscimento ufficiale.

Perché meravigliarsi e addirittura indignarsi se la Chiesa contrastò in tutte le maniere i movimenti che si opponevano radicalmente a quella che era l’ortodossia sulla quale si ritrovavano praticamente tutti i fedeli? Quale gruppo o istituzione permetterebbe che al proprio interno si diffondessero elementi di confusione e distruzione? Anche oggi è così, ma grazie alla liberaldemocrazia non c’è bisogno di ricorrere a misure estreme: come si diceva, è meglio contare le teste piuttosto che tagliarle. Ma la liberaldemocrazia non nasce immediatamente e ha bisogno di tempi lunghi di gestazione: il Cristianesimo vi contribuì con l’enorme e continuo dibattito che lo vide protagonista.

Le Università nascono nell’XI secolo grazie a iniziative di religiosi e si svilupperanno nei secoli successivi, diventando centri di approfondimento e diffusione delle conoscenze. Anche Chiese, Conventi, Cattedrali furono luoghi che si affiancheranno alle Università. Non ci si limita a ripetere Bibbia e Vangelo, ma si approfondiscono tutti gli argomenti che interessano la società umana, come temi religiosi ma non solo: famose le scuole mediche e quelle di diritto. Certo il riferimento di fondo rimaneva l’interpretazione cristiana della storia e della vita, ma ciò non era qualcosa di univoco, perché si apriva in molte direzioni arricchendo il dibattito e la cultura della società europea.

Oltre alle Università la ricerca dei testi antichi (con Petrarca protagonista), la riproduzione degli amanuensi e il loro studio permettevano di allargare la propria mente e i propri orizzonti: non si condannavano quei testi perché scritti da autori pagani, ma si era convinti che essi nascondessero verità utili a tutta l’umanità. Così Dante può farsi accompagnare dal pagano Virgilio fino alle porte del Paradiso.

Come tutti gli organismi vivi (questo ci insegna oggi la biologia) anche il Cristianesimo è chiuso e allo stesso tempo aperto ed è proprio la sua chiusura che apre alle possibilità e dunque alla novità.

Ma perché questo fu possibile in Europa, mentre lo stesso fenomeno non si verificò in altri continenti relativamente ad altre religioni?

Perché Gesù è Dio ma anche uomo, per cui è il lato umano e dunque sociale: così tutta l’esistenza umana non è rinchiusa nell’esperienza religiosa e nei testi sacri. Si può lavorare perché l’uomo viva in terra in modo degno e positivo senza aspettare il premio del Paradiso: questo era già in Dante e si animerà sempre di più fino alla riflessione religiosa del ‘900 passando per lo stesso Manzoni che proporrà questa possibilità ne I promessi sposi. E’ il concetto di persona che si dipana dalle origini e attraversa i secoli fino a giungere al “faber fortunae suae” dell’Umanesimo: un’espressione di origine classica ma che viene reinterpretata in chiave cristiana. E qui si apre un altro capitolo. Come le Università sono il frutto della ricerca cristiana così gli umanisti non si tirano indietro nella ricerca della verità, perché come esiste una verità religiosa esiste anche una verità relativa alla vita che riguarda l’uomo nella sua esistenza terrena.

Prendiamo come figura esemplare Lorenzo Valla che crebbe e visse in ambiente ecclesiastico e resta famoso (e solo in tal senso se ne parla a scuola) per aver dimostrata come falsa la così detta Donazione di Costantino che giustificava il potere temporale della Chiesa. Se ne parla sempre, o quasi, con l’intento di denigrare la Chiesa nella semplicistica contrapposizione “Parla bene ma razzola male”. Eppure Valla fu un grande intellettuale che seppe recuperare in chiave cristiana persino l’etica epicurea. Ebbe dei contrasti con la Chiesa, ma i suoi libri non furono bruciati.

Altri umanisti non solo erano di fede cristiana, ma erano loro stessi dei religiosi o lavoravano direttamente per il Papa. Poggio Bracciolini e Leonardo Bruni operarono nella Cancelleria Papale, come pure Leon Battista Alberti che era anche ecclesiastico, priore fu il Poliziano, Niccolò Cusano fu Cardinale, Enea Silvio Piccolomini Vescovo e poi Papa, Bernardino da Siena e Savonarola furono predicatori conventuali, Erasmo da Rotterdam era un monaco agostiniano, tanto per fare dei nomi.

L’invenzione della stampa si intrecciò in modo ricorsivo con una valorizzazione dell’uomo che l’Umanesimo sviluppa, ma che viene dal MedioEvo come abbiamo visto nel capitolo precedente. La xilografia risale al mondo cinese precedente all’anno 1000, ma il carattere rivoluzionario fu dato dall’uso della stampa a caratteri mobili: è grazie alla sua introduzione nella stampa ad opera del tedesco Gutenberg che la ricerca culturale in Europa fa un incomparabile salto in avanti, perché non si era fermata nonostante la fatica a copiare manoscritti. Sempre più ampie fasce di popolazione apriranno le loro menti e arricchiranno il proprio patrimonio culturale rappresentando una risorsa per l’intera società.

Concili, Studi, Università, Libri: il sapere circola e si confrontano le idee, talvolta queste servono alle varie istituzioni per giustificare il potere acquisito, ma il più delle volte esse corrodono il sapere acquisito e lo fanno come la famosa goccia sulla pietra. Le nuove idee non sono mai un salto nel buio, ma al contrario riprendono e sviluppano (molto o poco) idee precedenti. Poche società avevano visto un così ampio spettro di idee, studi, riflessioni che, nel circolare, depositano sempre qualcosa. Chiamiamolo “dibattito culturale”, esso ricorda le dispute greche o latine e a quelle si ispira, rendendole un obbligo e una necessità. Certamente anche il conflitto di idee, come ogni conflitto, non è qualcosa di innocuo: esso può portare a mettere in discussione posizioni di potere, il prestigio riconosciuto, fortune maturate negli anni. Come ogni conflitto è espressione di differenti volontà di potenza che si confrontano pacificamente e si accettano solo entro determinati limiti, superati i quali può accadere che ciò che era stato pacifico fino a quel momento cessa di esserlo. Nonostante questo il fenomeno non solo non si fermerà, ma continuerà ramificandosi.

Come molti osservatori tradizionalisti facevano notare, la molteplicità di idee ed opinioni può rappresentare un rischio per l’organismo, in questo caso particolare l’organismo-Cristianesimo. Il pensiero unico persiano, cinese, arabo, turco garantisce l’unità degli Imperi, ma le società cristiane accettano la sfida e così già i Concili del primo millennio avevano fatto nascere ramificazioni esterne a quella che fu definita l’ortodossia cattolica.

Pneutomatomachi, nestoriani, monofisiti, monoteliti, iconoclasti furono correnti che minarono l’unità del cristianesimo, ma gli permisero di rafforzarsi in termini sia organizzativi sia teorici. Alcuni di questi movimenti col tempo rientrarono nella Chiesa, come anche gli Scismatici d’Occidente, mentre altri dettero vita a strutture che si consolidarono nel tempo e che esistono ancora oggi, come la Chiesa Cristiana d’Oriente, i cui membri sono comunemente conosciuti come “Ortodossi” e rappresentano le comunità dell’Europa Orientale.

La più grande spaccatura avverrà però nel secolo successivo, il XVI, a partire dalle tesi di Lutero. Per secoli il pensiero non solo occidentale ha fatto dell’unità del sapere un valore, dove verità fa rima con identità, per cui una tesi per essere vera deve essere non contraddittoria (logica di Aristotele) e dunque non possono esistere due saperi altrettanto veri. Si tratta di logica semplice e appartiene all’uomo nella sua primitiva formazione, cioè nella sua semplicità. Perché meravigliarsi dunque di divisioni, separazioni, conflitti? Molti pensano che la spiritualità religiosa debba rifuggire dalle caratteristiche della materialità dell’essere umano, leggi volontà di potenza, ma è da questa che tutto parte. Semmai c’è da meravigliarsi come nel Cristianesimo siano potute convivere tesi contrastanti e che veri e propri conflitti (armi e sangue) si siano concentrati nei confronti di eretici dichiarati come i Catari o di religioni molto aggressive come l’Islam. Ma “chi è senza peccato scagli la prima pietra” e così si recuperò dopo l’affermazione di Lutero, soprattutto in Germania: guerra dei contadini, guerra dei cavalieri, guerra dei Principi. Non solo ma anche nuove confessioni, come il calvinismo a Ginevra, seppero farsi valere. Dunque come fu possibile, in un quadro di presupposto unitario, che convivessero per 1400 anni posizioni anche molto differenti?

Una risposta che trovo soddisfacente è quella di Papa Benedetto XVI nel suo discorso di Ratisbona (il 12.9.2006: Fede, Ragione e Università) sull’Islam e il Cristianesimo: egli sostenne che c’è un aspetto fondamentale che distingue le due religioni, e forse rende impossibile un dialogo, il Logos, la Ragione, che il Cristianesimo ha ereditato dal mondo classico. Il Logos è caratteristica umana e il Cristianesimo riconosce un valore inestimabile anche all’uomo in quanto tale, mentre per l’Islam esiste solo Allah.

Non è casuale ad esempio che la grossa frattura nel mondo mussulmano tra sunniti e shiiti avvenne non solo per motivi di potere, ma soprattutto pochi anni dopo la morte di Maometto: non ci fu spazio per una discussione-riflessione guidata dal Logos, come di fatto tale limite rimane ancora oggi a più di 1000 anni di distanza.

Un libro di storia che nel suo insieme considero accettabile inizia il capitolo sulla Riforma con un paragrafo intitolato “I mali della Chiesa”. Con questo titolo tutto l’argomento risulta compromesso sia perché riduce un problema complesso alla sfera morale sia perché fa credere che l’Europa cristiana fosse disperata e critica tutta nei confronti della Chiesa di Roma. Non era così ovviamente. Critici, anche duri e decisi, erano molti, soprattutto a livello intellettuale, ma questo rifiuto di Roma coinvolgeva solo una parte del mondo cristiano e non riguardava, se non parzialmente, il popolo. Non fu il cuoco di Lutero a causare la più grossa spaccatura del Cristianesimo né il suo Giardiniere: entrambi, cuoco e giardiniere, dovettero subire le conseguenze delle scelte di Lutero. Molti si indignano per i conflitti (armi e sangue) che devastarono l’Europa per motivi religiosi, ma -ripeto- la meraviglia dovrebbe riguardare il fatto che essi scomparvero in poco più di un secolo. Il Cristianesimo aveva abituato i suoi fedeli a discutere, a dialogare, a confrontarsi e, ovviamente, ad affrontarsi, e questo metodo, quando viene applicato e consolidato, tende ad affermarsi come qualcosa di preferibile. E’ vero che l’Inquisizione era lì a controllare, accusare, condannare, ma il mondo cristiano non era riducibile all’Inquisizione: molti accusati trovarono protezione presso Principi (come successe anche a Lutero), presso Cardinali e talvolta anche presso il Papa stesso. L’immagine di una Chiesa cattiva (I mali della Chiesa) è semplicistica e dunque facile preda delle ideologie che nel semplicismo sguazzano o vanno a nozze: la modernità non è contro il Cristianesimo e anzi ne è il frutto. Modernità e Cristianesimo sono strettamente connessi ed è da qui che dobbiamo partire: condannare la modernità porta nei dintorni della sharia cristiana, condannare il Cristianesimo ci priva delle nostre radici e senza radici non si cresce.

Ma torniamo a Lutero.

La vendita delle indulgenze non piaceva molto sia per motivi economici in un contesto in cui Paradiso e Purgatorio erano tanto reali quanto l’orto di casa sia perché per alcuni anima e soldi non dovevano confondersi. A questo proposito va detto che dentro la Chiesa non era la prima volta che si voleva condannare il vile denaro: pensiamo a Francesco d’Assisi, ai movimenti pauperistici del XII- XIII secolo, a Girolamo Savonarola. Per evitare ogni forma di anacronismo che disprezza quei primitivi che credevano al ruolo delle indulgenze occorre ricordare quanti oggi pagano per parlare con i morti o farsi favorire nel lavoro o nell’amore.

C’entravano le indulgenze, ma come occasione e pretesto. Il virus (malefico o rigeneratore a seconda dei punti di vista) veniva da lontano e non da qualcuno privo di importanza e riconoscimento, ma da un signore del pensiero e della fede cristiana: Sant’Agostino. Mille anni dopo di lui Petrarca aveva ripreso parti significative della sua riflessione rendendole più facilmente comprensibili. Lutero era un monaco agostiniano e non a caso. Certo Agostino non scrisse ciò che Lutero avrebbe scritto, ma Lutero si mosse partendo dalle profondità e dalla complessità del pensiero di Agostino, che non era certo un eretico.

Il senso del peccato aveva portato Agostino a scavare negli abissi della propria anima e, forse anche ricordando la vita dissipata della sua gioventù, trovò come ancora di salvataggio la sola Fede. Lutero partì da questo presupposto per mettere in evidenza come la Fede fosse un problema tra l’individuo e Dio: non c’era bisogno di alcun intermediario, non c’era bisogno della Chiesa. L’individuo che ha Fede si confronta con la Bibbia e scava dentro di sé, può chiedere aiuto e consigli a un religioso che però è più un amico che un sacer-dote (dotato del sacro). Da cosa nasce cosa: le Tesi erano la forma con cui ormai non si poteva più tornare indietro. Come in tutte le cose della vita umana è probabile che ci fossero anche interessi più terra terra, propriamente materiali, che si videro ad esempio nelle rivolte contadine e nell’esproprio dei beni della Chiesa. Corpo e spirito ancora una volta andavano insieme. Le opere, come le indulgenze, in questo nuovo contesto apparivano inutili. Come la Chiesa.

Il pensiero e la fede di Agostino non erano mai stati rimossi dalla Chiesa che aveva accettato che si confrontassero diverse visioni: non c’era bisogno né di denunce né di secessioni. D’altra parte il pensiero di Agostino era suggestivo ma abbastanza elitario (un po' come lo hinayana nel Buddismo) e così con la maggiore complessità determinata dall’avvento della borghesia si fece strada un pensiero più realistico capace di coinvolgere nella vita religiosa la Società e addirittura la Natura. Il pensiero di San Tommaso d’Aquino riuscì a coniugare l’uomo con Dio e la Natura: partendo da Aristotele egli lo recuperò in chiave cristiana e dette vita ad un sapere enciclopedico che copriva ogni aspetto del reale.

Il Basso MedioEvo fu tomista con qualche eccezione.

L’insieme delle relazioni sociali che si fece più complesso portò ad una crescente attenzione nei confronti dell’individuo: una volta che ti senti parte di un gruppo devi porti il problema dell’Io. Umanesimo e Rinascimento avevano dichiarato che l’uomo era responsabile del proprio destino: l’uomo, in generale. Si trattava di spostare l’attenzione dell’uomo in generale verso l’uomo in particolare, cioè l’Io. E’ ciò che fece Lutero coprendo un vuoto che il tomismo aveva lasciato aperto. E inaugurando una stagione che dura tuttora e che difficilmente è risolvibile, perché l’Io non è risolvibile: con buona pace di Brancusi e De Masi, per i quali La semplicità è una complessità risolta. Questo è il bello della complessità: non solo le relazioni uomo-uomo e uomo-natura e uomo-Dio sono più complesse, ma anche la coscienza di questa complessità rende più complessi i nostri orizzonti.

La rottura dell’unità cristiana proprio nel cuore dell’Europa fu qualcosa di straordinario e come tale fu sentita dai contemporanei. Tale rottura veniva da lontano e nonostante i tentativi di molti religiosi di superarla ciò non fu possibile. Si trattava di due universi che coglievano parti diverse della realtà: entrambi avevano ragione e da allora avrebbero vissuto separati pur se avevano lo stesso orizzonte.

La Chiesa di Roma cercò di reagire sia perché doveva sopravvivere sia perché doveva coprire le lacune che erano state messe in luce dalla Riforma.

E’ così che nacque quella che nel secolo successivo fu chiamata Controriforma: oggi i libri di storia parlano anche dell’esistenza di una Riforma Cattolica come per sdrammatizzare ciò che è stato diffuso su questo movimento, considerato per secoli qualcosa di nefasto, e non solo in certi ambienti. Anche nel mondo cattolico la parola Controriforma ha sempre suscitato non certo un ripudio ma una difficoltà a riconoscersi. Eppure la Controriforma fu tutt’altro che un’esperienza negativa. Non voglio negare attitudini oppressive e repressive di cui non solo l’Inquisizione (sottoposta alla guida della Congregazione del Sant’Uffizio) fu espressione, d’altra parte capita spesso sia a livello internazionale e sociale sia a livello personale che quando si è attaccati si tende a difendersi, costruendo un muro e irrigidendosi. Lo strumento con cui la Chiesa cercò di riorganizzarsi e rilanciarsi fu il Concilio di Trento (1545-1563).

Esso fu una risposta punto su punto alla Riforma Protestante: la fede sì, ma anche le opere, la fede sì ma anche la Chiesa, e per questo sette sacramenti che come tali rendevano decisivo il ruolo del clero. Ma la Chiesa non si fermò qui. Fu dato impulso alla fondazione di Ordini che si occupavano di assistenza: tra gli altri Teatini, Cappuccini, Somaschi, Barnabiti, Orsoline. Carità, assistenza ai malati compresi gli appestati, agli orfani, istruzione femminile e tante attività con cui il Cristianesimo recuperava il proprio spirito ramificandosi nella società.

Un particolare posto fu occupato dall’ordine dei Gesuiti, caratterizzati da prestigio intellettuale e rigore morale: rigidi all’interno e flessibili all’esterno, favorirono l’istruzione e avvicinarono il popolo alla Chiesa, mentre ebbero un ruolo importante nella diffusione del Cristianesimo negli altri continenti, dove agirono in generale solo con la predicazione ed essendo tra i primi a combattere la schiavitù. Emersero figure di grande spessore dentro e fuori dagli Ordini: Francesco Saverio, Matteo Ricci e in particolare il Cardinale Borromeo la cui personalità è ben articolata da Manzoni ne I promessi Sposi.

Si procedette a una riorganizzazione della Chiesa stessa in modo che il clero fosse più preparato con la nascita dei seminari e fosse sottoposto a un controllo per ridurre fenomeni disdicevoli: fu sviluppata l’attività di riflessione in modo che il clero fosse riconoscibile per il suo “spirito ecclesiastico”, un’attitudine che ne legittimava il titolo di “pastore del gregge”.

Insomma la Chiesa Tridentina inaugura la Controriforma attraverso processi di chiarezza e consolidamento sia teorici sia pratici; certamente non rinuncia alla sua storia e il riferimento alla centralità delle Tesi della Chiesa e al ruolo dell’Inquisizione rimane: la Chiesa non può essere ciò che non è, non può essere anticlericale, non può rinunciare a difendere la propria esistenza. L’Inquisizione aveva lavorato nei secoli precedenti per la paura di soccombere: erano secoli di unità ma anche di pericolo, se pensiamo che l’Islam attraverso gli Arabi era penetrato nell’Europa meridionale. Ora rimane il pericolo islamico attraverso i Turchi che arrivano alle porte di Vienna (1529), ma per fortuna vengono respinti e sconfitti duramente a Lepanto (1571) e definitivamente ricacciati da Vienna nel 1683.

La divisione del cristianesimo era una divisione profonda e veniva da lontano e come tutte le divisioni essa si manifestò in un primo periodo attraverso il conflitto: la Germania fu la principale protagonista di questo conflitto che vide prolungarsi tra Spagna cattolica nelle Fiandre e Olanda calvinista nel Nord dei Paesi Bassi. Anche in Francia si ebbero effetti significativi contro i calvinisti francesi, i famosi Ugonotti, mentre in Irlanda furono soprattutto i cattolici a subire la violenza anglicana.

Non si tratta di giustificare le guerre tra cattolici e protestanti, ma di capire come esse furono la conseguenza di flussi storici non prevedibili e allo stesso tempo necessari. Non era possibile procedere a una mediazione perché le tesi luterane e calviniste negavano la Chiesa stessa: legittime le loro aspirazioni in una ricerca più interiore e legittimo il richiamo alle radici e alla storia dei cattolici.

D’altra parte in quei secoli il ruolo della religione era insostituibile, e non solo in Europa, e il Cristianesimo era seriamente minacciato dall’aggressività islamica che, come abbiamo visto, fu fermata in tempo. La storia dell’espansione europea in Oriente, in Africa e in America si caratterizzò per un intreccio tra diversi aspetti e quello religioso non fu il principale ma ebbe comunque un ruolo di rilievo. Ci sono aspetti di quei secoli che non vanno dimenticati, ma non vanno neppure esagerati. Mi riferisco alle condanne di intellettuali come Campanella, Bruno, Galileo che ritornano spesso negli pseudo dibattiti sulla rete come simbolo della malvagità cristiana. Mi riferisco anche alla così detta caccia alle  streghe che si concentrò tra il 1550 e il 1650 e colpì migliaia di persone soprattutto in Germania per poi esaurirsi di fatto dopo il 1650: essa vide protagonisti sia cattolici sia protestanti, con un maggior ruolo svolto da questi ultimi.

Anche in questo caso con l’avvento di società moderne a partire dall’Inghilterra e le sue due rivoluzioni di fine XVII secolo il fenomeno andò scomparendo, mentre rimane tutt’oggi in Africa, in Nuova Guinea, mentre una legislazione ufficiale contro la stregoneria persiste in Arabia Saudita e Camerun.

L’antropologia culturale ha spiegato in maniera approfondita l’origine di tale fenomeno, che ha trovato la possibilità di essere superato solo grazie agli effetti culturali e pratici delle liberaldemocrazie. Spesso ci si indigna contro fenomeni di tortura largamente in uso in ogni epoca, dimenticando che il primo celebre libro ragionato di condanna fu pubblicato solo un secolo dopo la Pace di Westfalia nel 1764, Dei delitti e delle pene di C. Beccaria. Se da un punto di vista morale l’indignazione fortifica il sentimento di rifiuto e consolida un’attitudine positiva, da un punto di vista storico l’indignazione e basta impedisce una corretta analisi dei flussi. La caccia alle streghe di quel secolo mirava a colpire e rassicurare creando l’immagine viva di un complotto tra uomini e il diavolo: servì alle chiese in un periodo di estrema tensione a scoraggiare eresie e allo stesso tempo a ridurre fenomeni allucinatori. “La mitologia della strega acquistò vita autonoma, a prescindere dalle forzature e dagli eccessi di zelo degli inquisitori cattolici e protestanti. La gente comune, ma anche molti intellettuali, credevano veramente che le streghe esistessero e-ciò che più importa- indubitabilmente molte presunte streghe erano profondamente convinte di possedere poteri diabolici”, (Giardina, Sabbatucci, Vidotto: Profili storici 1, Manuale per le Superiori, Laterza Ed. pag.419).

Ancora oggi molti sono convinti che studiare la Storia serva a non ripetere gli errori del passato. Non è così. Studiare la Storia significa imparare a riconoscere la complessità di uomini e avvenimenti.

Sartre e Pol Pot si conobbero alla Sorbona negli anni ’50 del secolo scorso; erano feroci antinazisti, intellettuali e il primo un grandissimo pensatore. Ciò non impedì a Sartre di esaltare la Rivoluzione Culturale Cinese i cui drammi conoscevamo in diretta (aveva già sostenuto Stalin) e Pol Pot fece in Cambogia quanto Hitler in Germania e Stalin in Russia.
Aveva ragione Machiavelli cercando di individuare delle leggi universali nella politica, ma aveva ragione anche Guicciardini nell’esaltare l’importanza del “particulare”. Oggi lo sappiamo. Aut-aut per la scelta ed Et-et perché siamo bene, male e molto di più.

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