L’Europa medievale
Cosa giunge a noi dal MedioEvo?





Ci sono alcuni aspetti che occorre premettere rispetto alla comprensione del MedioEvo e soprattutto al fatto che ad esso oggi nel XXI secolo siamo molto più legati di quanto comunemente si pensi, compreso quanto pensino anche i vari cattolici militanti.

L’Alto (da Alt-Old) Medioevo si può far concludere con l’anno 1000 e il Basso con la scoperta dell’America (1492) o più brevemente con l’avvio dell’Umanesimo (il 1400). Non esiste rottura senza continuità e non esiste continuità senza rottura e questo vale anche per i due periodi medievali, ma anche per ciò che precede e ciò che segue il MedioEvo tutto intero.

Rispetto all’epoca in cui studiavo io, sono stati fatti molti passi avanti, perché allora (e per molto tempo dopo) si parlava di un’epoca oscura e il riconoscerle il carattere di passaggio tra due epoche grandiose era la cosa più gentile che si potesse dire. Oggi si riconosce al MedioEvo un ruolo non negativo e in genere si riesce a mettere in evidenza alcuni aspetti positivi. L’impressione che spesso ho però è che si tratti di relativismo culturale nel senso che in fondo a tutte le epoche, a tutti i popoli va riconosciuta una loro dignità e se questo lo facciamo nei confronti ad esempio degli Hutu o dei Masai perché non farlo per il MedioEvo europeo?

La cosa più stupida che trovo nell’affrontare l’argomento è la contrapposizione tra fautori e critici, tra i cristiani che rivendicano l’importanza della religione in quei secoli e coloro che esaltano laicità e ragione come se il cristianesimo fosse l’opposto. I primi si infervorano e fanno vedere come il sentimento religioso fosse qualcosa di positivo, mentre i secondi sono lì a criminalizzare tutto il male della Chiesa, Inquisizione, torture, crociate, condanne a morte. In questa contrapposizione si trovano a proprio agio non solo i clienti della Parrocchia e della Casa del Popolo, ma anche persone colte, intellettuali, professionisti.

Il MedioEvo non è né il bene né il male: esso rappresenta importanti radici del nostro essere, radici che non possiamo evitare e che hanno permesso a noi di essere ciò che siamo. Sicuramente molto più dei Pellerossa (non chiamiamoli nativi, perché anche loro provenivano, come tutti, da altre aree) o degli aborigeni australiani. Prima di adottare pratiche o pensieri di quei popoli occorre fare il punto sulle radici da cui proveniamo e che rappresentano la linfa vitale del nostro essere. Prima di esaltare la natura come fanno quei popoli primitivi occorre aver chiaro qual è il rapporto con la natura che abbiamo creato. Procedere all’inverso comporta partire dalla negazione di noi stessi e negare noi stessi è un modo schizofrenico di procedere.

Torniamo dunque al MedioEvo e alla sua importanza nella costruzione del nostro mondo e delle nostre persone. Vari sono gli aspetti importanti di cui parlare e li tratterò in ordine sparso.

1)    La nascita del capitalismo e della borghesia. Persone che producevano per vendere sono sempre esistite, ma ciò che nasce è un modo sociale di produzione e soprattutto l’inizio di un percorso che da allora non solo non si è più interrotto ma addirittura si è consolidato: è il modo di produzione-consumo in cui siamo inseriti. Molte sono le aree geografiche in cui si assiste alla nascita e sviluppo di artigiani, mercanti, banchieri: la penisola italiana è ben rappresentata, ma troviamo una classe borghese anche in Catalogna, in Francia, nelle Fiandre, nel Sud dell’Inghilterra, nel Nord della Germania, persino in Russia. Come sempre succede in casi del genere le relazioni incrementano relazioni e lo fanno in modo geometrico, dando vita anche a un salto di qualità in campo culturale, economico, tecnologico. Il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione è notevole anche se, come è naturale, non tutti ne traggono lo stesso vantaggio.

Una parentesi sulle invenzioni. Non è una novità, ma il relativismo culturale ne ha fatto una bandiera: la maggior parte delle invenzioni medievali, e anche successive, vengono attribuite ad altri, segnatamente arabi e cinesi e perciò la superiorità europea sarebbe solo un luogo comune. A Cesare quel che è di Cesare. Il punto che non si vuol capire è che ciò che conta nella storia e nella società non è chi è arrivato per primo, ma chi ne ha fatto un uso sociale (adattandolo e migliorandolo) a beneficio della società.

Che i cinesi avessero inventato la polvere da sparo può essere vero, il punto è che serviva loro per i giochi di corte e infatti dovettero poi soccombere.

Che gli islamici avessero inventato la macchina a vapore può essere vero ma a loro serviva come girarrosto.

Dunque gli europei potevano anche essere considerati straccioni quando arrivarono a Calicut, ma quegli straccioni hanno dato un senso sociale alla storia che, a Calicut come in Cina e come nell’esteso impero arabo e ottomano, rimase sempre confinata dentro i sublimi palazzi reali.

Curiosità, coraggio, fiducia sono caratteristiche che si diffondono animate dal desiderio di valorizzare la propria persona.

La curiosità porterà a cercare nuove soluzioni e a varcare confini come Marco Polo dimostra.

Il coraggio riguarda il fatto che i viaggi, oltre ad essere lunghi, attraversano luoghi molto pericolosi, spesso popolati da banditi, o anche semplicemente realtà ignote.

La fiducia è un fattore fondamentale perché si realizza uno scambio tra eguali e dunque il mercante fiorentino che arriva a Parigi sa che le persone con cui tratterà sono degne di fiducia come lui lo è per loro: tutto l’opposto degli intrighi di palazzo.



2)    La nascita di istituzioni moderne. E’ nel 1200 che si assiste a un balzo in avanti delle istituzioni politiche e questo balzo è il riflesso dell’espansione, numerica e qualitativa, della borghesia. Atene, la Roma Repubblicana, la Costituzione Italiana sono peggiori o migliori? Ecco questa domanda è priva di senso perché porta a una valutazione fuori dal tempo e dal contesto in cui quelle istituzioni fecero la loro apparizione e questo vizietto si chiama “anacronismo”.

Cosa c’era ai tempi delle poleis greche? L’Impero persiano, che rispondeva solo al suo sovrano e ai suoi accoliti. E ai tempi della Repubblica Romana sono i Celti e i Galli in particolare a cercare di imporsi nel resto d’Europa e tutte le loro istituzioni sono fortemente elitarie. La Costituzione italiana del 1948 è una Costituzione moderna che ha le sue radici nella presenza delle nuove istituzioni medievali.

Radici, di un percorso solido ma anche tortuoso che avrà bisogno di molto tempo prima di dare quei frutti che oggi ci permettono di parlare di “democrazia moderna”.

Ricordiamo poi che a fronte del Corpus Juris Civilis di Giustiniano i Germani avevano istituzioni giuridiche come l’ordalia e la faida e solo grazie all’aver accolto Cristianesimo e Diritto Romano il loro contributo non fu inutile.

La presenza di una classe numerosa, quella dei borghesi, (oltre che ricca e molto attiva), fa sì che queste persone pretendano un riconoscimento sociale: se il clero e l’Impero proseguivano secondo i criteri gerarchici, elitari ed assolutistici i Comuni e le Monarchie Nazionali danno vita a forme di rappresentanza che parlano di democrazia. Esse rappresentano l’inizio di un percorso che a posteriori possiamo riconoscere come il nucleo germinatore delle moderne democrazie.

Le istituzioni comunali soprattutto italiane danno vita a una partecipazione popolare importante che riesce a produrre risultati significativi, diretta espressione delle varie Arti o Confederazioni di Mestiere. Mentre in Italia i Comuni perderanno via via il potere e il carattere innovativo a causa di una situazione internazionale che vede il sopraggiungere di nuovi protagonisti, i comuni francesi ed inglesi vengono riassorbiti all’interno dello sviluppo delle Monarchie Nazionali. E’ qui che vengono create strutture di rappresentanza popolare che faranno la differenza nei secoli successivi.

In Inghilterra la Magna Charta Libertatum del 1215, con le Costituzioni Oxfordiane dell’anno successivo, fa nascere la Camera dei Lords e poi dei Comuni mentre, diminuendo e limitando gli esclusivi poteri del Re, inizia il riconoscimento di diritti che diventeranno la base della Bill of Rights del 1689 che è il punto di riferimento di ogni Costituzione liberaldemocratica.

In Francia avvenne un’operazione simile, in cui il potere del Re veniva limitato attraverso la creazione di un’amministrazione centralizzata e di un Parlamento, gli Stati Generali, convocati per la prima volta da Filippo IV il Bello nel XIII secolo e che ritroveremo alla fine del 1700 nei dintorni della Rivoluzione Francese: non ebbero vita facile in un paese in cui la Monarchia non rinunciava volentieri al proprio potere, ma rimasero.

Si può dire di tutto e di più relativamente a quanto in quei secoli Papato e Impero dominassero l’Europa e quanto poco rappresentative fossero quelle istituzioni, ma la cosa importante su cui riflettere è che, per quanto deboli fossero, le istituzioni borghesi rappresentarono un’esperienza e una pratica che ne rafforzò la necessità e permise di non tagliare tutti i fili e di mantenere in piedi una prospettiva reale. E’ ciò che successe: ci furono guerre e violenze, ma l’avvento della borghesia rafforzò l’idea di rappresentanza e questa idea rafforzò la borghesia. Il fenomeno non fu lineare, ma non si ebbero interruzioni decisive e quando lo scontro tra vecchio e nuovo si fece più forte, nel 1600 in Inghilterra (Bill of Rights) e alla fine del 1700 in Francia (Monarchia Costituzionale), il nuovo saprà da dove partire. Il filo rosso proveniente da Atene e da Roma seppe dipanarsi nell’Europa Medievale.

Si prefigurò quella che sarebbe stata l’ossatura del moderno Stato liberaldemocratico.

In Asia nulla di tutto questo, né in Cina né in India né nelle diverse formazioni islamiche.



3)    Il sentimento religioso. Occorre premettere che il sentimento religioso non è un male da estirpare e che appartiene all’essere umano come l’arte, questo ci dicono i neuroscienziati e questo possiamo vedere da eventi storici che hanno negato uno spazio alla religione, come la Francia post-rivoluzionaria e soprattutto la Russia dopo la caduta del comunismo, quando 70 anni di ateismo non hanno minimamente compromesso la fede popolare. Nell’Europa Medievale questo sentimento si identifica con il Cristianesimo che, a differenza di altre religioni più o meno recenti, fin dall’inizio ha contribuito alla crescita della società perché valorizza la persona e non la rende succube di fronte a un Dio che tutto domina. Certamente il Cristianesimo fu spesso legato alle istituzioni politiche e esso stesso divenne potenza imperiale (la ierocrazia di Greorio VII e Innocenzo III), certamente non ammetteva eresie e certamente combatté per riconquistare le terre sacre. La Chiesa fu spesso un centro di corruzione, in cui si predicava la virtù e si agiva nel peccato, ma questo non impedì mai che fosse attraversata dal dibattito, dalla critica e da iniziative non uniformi e innovative. Intanto dopo la cosiddetta caduta dell’Impero Romano d’Occidente la Chiesa fu un punto di riferimento per la popolazione che vi trovò rifugio e speranza: l’Ordine benedettino con il suo “Ora et labora” darà un impulso alla ripresa e alla valorizzazione della vita pratica. Il Cristianesimo si presenta allo stesso tempo chiuso e aperto: fin dai primi Concili, e furono numerosi, si discuteva animatamente sulla religione e il MedioEvo si formò sulla filosofia di San Tommaso, una filosofia razionalistica che riconosceva all’uomo, sulla scia di Aristotele, uno spazio importante in Terra. Nulla di tutto questo nelle altre religioni, soprattutto in quella più prossima, l’Islam, se non per il contributo estemporaneo di autori che comunque si rifacevano al mondo classico. In generale erano contributi a latere e non mettevano in discussione i testi sacri (esempio massimo il Corano).

E così Dante, che pure scrisse una Divina Commedia che si conclude con il Paradiso, poté scrivere un’opera, il De Monarchia, in cui teorizzò che, come l’uomo è composto di corpo e anima, esso deve essere illuminato da due Soli, il potere politico (l’Impero) per il primo e il potere spirituale (la Chiesa) per il secondo. Operazione simile fu fatta, sull’onda del pensiero tomista, da filosofi come Marsilio da Padova e Guglielmo di Okham. Tutti i grandi scrittori, poeti e artisti e filosofi erano cristiani e seppero valorizzare l’uomo sia nelle dinamiche collettive (come Boccaccio) sia nelle dinamiche individuali (come Petrarca) e non a caso il 1400 è il secolo dell’Umanesimo, un secolo che valorizza l’uomo pur rimanendo fortemente cristiano.

Le chiese divennero un punto di riferimento in forme che variarono dalla semplicità del romanico alla grandiosità del gotico: soluzioni architettoniche, dipinti, sculture da un lato esaltavano Dio ma dall’altro mostravano le possibilità dell’uomo. Le città rappresentarono un vero e proprio esperimento sociale in cui uomo e Dio riuscivano a convivere e, anzi, da questa convivenza l’uomo assurgeva a una nuova grandezza.

La pietas virgiliana diventa la pietas cristiana e la Chiesa si occupa anche dei più bisognosi, in un contesto in cui come istituzione preferisce occupare lo spazio politico in cui primeggiare invece dello spazio religioso. Ciò non impedisce al popolo, nelle città come nelle campagne, di esercitare la propria fede in una dimensione che non è mai univoca e uniforme. Il sentimento religioso medievale è qualcosa di complesso: alto e profano, umano e divino, colto e ignaro, esso parla di ricchezza e povertà, fornendo agli uomini del tempo il senso da dare alla propria esistenza. La vera vita è nell’al di là, ma l’al di qua non è inutile e tantomeno soggetto al Fato o alle decisioni imperscrutabili di Dio: ogni persona può dire la sua, può favorire il proprio benessere contribuendo al benessere della società. E’ il libero arbitrio che garantisce un posto all’uomo in questa Terra e che da questo momento in poi diventerà l’anima della volontà europea.



4)    La cultura. La cultura occidentale che si sviluppa nell’Europa medievale ha il pregio non tanto di essere esteticamente bella, quanto invece di essere creativa, dando vita nel corso dei secoli successivi a realtà importanti del nostro stare al mondo che piano piano diventeranno un punto di riferimento per le altre popolazioni.

Emerge tra i vari aspetti la concezione dell’amore così come lo viviamo ancora oggi e che nasce dalla poesia stilnovista e petrarchesca. Non che mancassero aspetti spirituali nella concezione classica, ma erano provvisori a fronte di una visione e una pratica estremamente sensuale: è vero che Catullo scriveva “Odi et amo”, ma la maggior parte delle sue poesie parla di sesso coniugato in tutte le salse. Il Cristianesimo è elemento fondante di questa genesi come dimostra uno dei concetti fondamentali del Dolce Stilnovo: la donna paragonata ad un angelo. Con Petrarca la donna appare come un angelo, ma la sua fisicità è presente nelle varie componenti del suo corpo. La dimensione religiosa continuerà nei secoli successivi e Dio sarà l’amato. Qui è interessante notare il punto di partenza in una concezione che chiarendo sempre di più in cosa consista l’amore coinvolgerà anche istituzioni sociali come il matrimonio.

Nell’amore è fondamentale il concetto di persona e di individuo, anche questo ereditato dal Cristianesimo. La persona diventerà sempre più centrale nella visione europea dell’uomo e, grazie a Petrarca che porta oltre la riflessione di Sant’Agostino, andrà arricchendosi sempre di più, scavando in profondità e riuscendo l’antesignano di quell’Io diviso che è caratteristica essenziale della modernità. Questa è una vera e propria rivoluzione in campo sia letterario sia filosofico sia artistico, basta pensare al ruolo che assumerà di lì a poco la ritrattistica.

Mentre il latino aveva svolto in passato un ruolo unificante che corrispondeva all’espansione romana fino alla realizzazione dell’Impero, la sua crisi ha portato alla luce le differenze locali che possono finalmente parlare in proprio secondo caratteristiche specifiche che, anch’esse, rispondono alla nuova stagione dell’individualità. E’ il concetto di nazione che esige attenzione e pretende rispetto e con esso nascono culture nazionali espresse in lingue nazionali, che seppur lentamente e prudentemente (basti pensare alle opere latine di Dante e di Petrarca) riescono ad imporsi, persino nel periodo umanistico che pure guarda con estremo interesse al mondo classico.



Anche su questo terreno si stabilisce dunque un ponte tra MedioEvo e modernità.

E’ ovvio che da uomini di oggi tanti aspetti della vita medievale non ci appartengono o addirittura ci possono ripugnare, ma la riflessione su quel periodo storico deve avere la capacità di vedere cosa è rimasto circoscritto e cosa invece ha permesso di aprirsi al futuro.

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